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Il modello del cinocefalo quale corrispondente longobardo dell’Ulfheðinn scandinavo (il primo guerriero dalla testa di cane, il secondo guerriero lupo ), non sarà certo passato inosservato ai nostri lettori. Abbiamo più volte cercato di porre l’accento sul significato ctonio del cane presso i Longobardi, parimenti il guerriero dalla testa di cane ha all’origine un arcano archetipo ancestrale che la cultura cristiana ha cercato di modificare proponendo il suo aspetto più orrorifico, trasformandolo così nella licantropia. Il cinocefalo è  l’uomo che pone all’origine del suo agire l’istinto, sostituendolo alla logica razionalità.

   Dal lupo al cane il passo è breve, anche nell’interpretazione della tradizione popolare del Nord: Hati, il lupo che insegue il carro lunare di Mani è detto anche, in Norreno, Managarmr (=”Cane della Luna”). Il concetto di trasmutazione legato al dualismo giorno/notte è sottolineato dalla figura di Kveldúlfr nella Egilssaga, il cui nome significa “lupo della sera” (kveld = svanire del giorno).

Gianna Chiesa Isnardi, nel suo saggio “Il Lupo Mannaro come superuomo”, citando il passo  dagli Otia Imperialia  di Gervasius von Tillburg [121]: “Vidimus enim  frequenter in Anglia per lunationes homines in luposmutari quod hominumgenus  gerulfos Galli nominant, Anglici vero werewolf dicunt : were eni Anglice Virum sonat ulf ‘lupum’”, avvicina il termine wer- “anziché al gemanico *wera ‘uomo, eroe’ al gotico wasjan, ags.werian ‘ vestire’ “. [1]

 

1 - Il cane come simbolo etno-culturale

   Grande diffusione hanno avuto in tutta l’area padano-alpina, in epoca medievale, i cognomi che incorporavano la parola “cane” (nella sola provincia di Padova: Cagnoni, Cagnato, Zancan..., un Iohannes Cane del 1178, un Montecagnetto attestato intorno al 1300, un Cagnous del 1220...). Dario Soranzo ricorda come vada ricordato “che nella mitologia germanica, accanto al corvo, all’orso ed al lupo, fa un’alterna comparsa anche il cane soprattutto in ambito scandinavo e longobardo[2]. Potremmo dunque sostitutire alla voce greco-latina “Cynocephali” quella di Hundingrar, “esseri della stirpe di cane”. Otto Hoefler ricorda i guerrieri mascherati con pelli di animali associandoli al culto di Wotan nella sua trasmutazione canina (trasmutazione e non trasformazione), come Hong Hundhoved “Re Testa-di-Cane”.

   Hoefler mette in stretta relazione il paganesimo scandinavo e la cultura longobarda giustificando -in questo modo- la continuità dell’onomastica. Tale tesi viene esposta prendendo in analisi l’area veronese. Verona, non a caso fu una delle capitali del regno longobardo nonché luogo della sepoltura di Re Albwin (Alboino). Esiste una correlazione tra l’alta percentuale di nomi “canini” nell’area di Verona e la sua assunzione quale città simbolo della Langbard?

 

2 - Il Draugr longobardo e la continuità della stirpe 

   Paolo “Diacono” Warnfried riferisce che re Albwin venne sepolto sotto ad una scala congiunta al palazzo reale. Giselpert, duca di Verona [745-762] fece aprire il sepolcro impossessandosi della spada di re Albwin, riferendo poi di aver visto l’apparizione di re Albwin in persona: ”Ai nostri giorni Giselperto, Duca di Verona, aperto il suo sepolcro, ne sottrasse la spada e quanto trovò dei suoi ornamenti. Per questo - con la vanità che è solita tra gli ignoranti- si vantava d’aver veduto Alboino.” [Paolo Diacono, Historia langobardorum, II- 28]. Questa circostanza ricorda il mito del draugr che incontriamo nelle saghe nordiche, il draugr, ovvero il “non-morto” è il defunto che risiede nel tumulo. Qui la circostanza ricorda piuttosto un passaggio di consegne, un simbolo di continuità rappresentato dalla spada.

   L’essenza pagana di fondo in questa vicenda viene sottolineata anche dal Gasparri: ”Di conseguenza anche l’azione di Giselpert, Duca di Verona, il quale intorno al 760 aprì la tomba di Alboino, va interpretata come una manifestazione della medesima idea di fondo. Infatti il duca, prima ancora dei gioielli e degli ornamenti, cercava proprio le armi dell’eroe, ritenute certo cariche di una forza di tipo magico e, come era uso fino all’età di Rotari, sepolte sempre con il guerriero defunto: in effetti Giselpert si impadronì prima

di tutto dell’arma personale di Alboino, la spada” [in “La cultura tradizionale dei Longobardi” Struttura tribale e resistenze pagane, centro di Studi sull’Alto medioevo, Spoleto 1983. Pag.53].

   Nella Saga di Egill il monco, viene narrata la storia della morte di Aaran, figlio del Re di Tartaria: “Il corpo venne preparato secondo il costume del luogo, e Asmundr fece erigere il tumulo: all’interno, presso di lui fece portare il suo cavallo con tanto di sella e briglie, lo stendardo e tutta l’armatura, il falcone ed il cane. Asmundr fece poi portare la sua sedia nel tumulo e si mise a sedere, quindi il tumulo venne chiuso. La prima notte Aran  si alzò dalla sedia, uccise il falcone ed il cane e li mangiò. La seconda notte Aran si alzò, uccise il cavallo, lo fece a pezzi, lo divorò a grandi morsi mentre il sangue gli colava giù per la mascella. Offrì ad Asmundur di mangiare insieme a lui, ma Asmundr non rispose nulla. La terza notte Asmundr venne preso dal sonno e non si accorse di nulla finchè Aran non lo prese  per le orecchie e non gliele strappò entrambe. Asmundr  impugnò allora la spada e tagliò la testa di Aran. Fece quindi del fuoco ed arse Aran, riducendolo in cenere. Andò poi alla fune e venne tirato fuori. Il tumulo fu richiuso, ma Asmundr aveva portato via con sé le ricchezze che vi erano state deposte“ [3]. La Saga di Egill il monco e di Asmundr l’uccisore di berserkir appartiene al complesso di “Saghe del temp anticoo "Fornaldarsögur" ambientate nel grande Nord dei tempi precedenti alla colonizzazione d’Islanda, sono quelle saghe che fanno riferimento al complesso mitologico/tradizionale del mondo pre-cristiano. Asmundr veglia la salma di Aaran e ne brucia il cadavere ...da notare come, con l’uomo venuto da Oriente (la “Tartaria”) vengono seppelliti tre animali: il cavallo ed il falco (simboli dei Vanir, rispettivamente di Freyr e Freyja) ed il cane. Dopo il “sacrificio” di questi tre animali  e la cremazione del cadavere, Asmundr esce dal tumulo con le “ricchezze” [...laddove però si citano quali ricchezze solo l’armatura e lo stendardo, assimilabili alla “spada e gli ornamenti” di Alboino].

 

3 - Il Culto del cane presso i Longobardi

   Il cane si inserisce quale tramite tra il mondo dei vivi e dei morti nel suo aspetto più luminoso come in quello più spettrale: basti rammentare Garmr, il guardiano di Hel. Ed il cane è colui che predice gli eventi ed annuncia le disgrazie in tutto il mondo germanico, normale dunque ritrovarlo tra gli animali che seguono l’eroe nel tumulo.

   L’eroe Helgi, uccisore di Hundingr (=Stirpe di cane), una volta morto per mano di Dagr, venne ad abitare nel suo tumulo incarnandosi nel suo cadavere sotto forma di draugr. Lì nel tumulo visse con la moglie Sigrun sino alla morte di questa ed alla loro nuova reincarnazione.

   Del resto era in uso presso i Longobardi associare consacrare l’elezione del Re all’asta regia...cosa che ha fatto parlare di “monarchia odinica” (definizione di K.Hauck in Herrschaftzeichen eines wodanistisches Koenigtums, ‘Jahrbuch für fränkische Landesforschung’, 14, 1954, pp.9-66 ). Da notare come l’elezione di Ildeprando quale successore di Liutprand avvenne nei pressi di una chiesa chiamata “Alle Pertiche” ...verosimilmente un antico luogo di culto pagano, e Paolo Diacono riferisce come: ”Mentre, come è  costume, gli consegnavano l’asta, sulla punta dell’arma venne a posarsi, volando, un cuculo. Ad alcuni saggi quel portento parve significare che il suo principato sarebbe stato inutile”.

   Questa cronaca si confronta col mito del piccolo Lamissione che afferra l’asta regia del padre adottivo (secondo altre tradizioni naturale) Agilmuldo. Lamissione viene definito nell’Origo gentis langobardorum  quale membro del genus Gungingorum al pari di Agilmundo e Aion.

   In seno al popolo longobardo diversi nomi di nobili famiglie rimandavano al culto Odinista/Asatru: dai nomi di due famiglie regnanti, i GAUSI, ai GUNGINGI.

  Paolo Diacono, un cristiano,  riporta la notizia di come Lamissione fosse stato generato da una “meretrice”, figura associata - con intento deprecatorio  presso i cristiani - alla cagna o alla lupa. Ciò ha fatto pensare ad un culto Vanico di base presso i Winniler/Longobardi, un culto della fecondità vissuto al femminile. Come sottolinea il Gasparri analizzando le tesi dello Hauck: “il ritrovamento in acqua di questi è infatti un tratto tipico dell’ibrida  discendenza - la “bâtardise royale” - dei sovrani  fondatori di dinastie , figli di un dio e di una donna. Quanto all’esistenza di un originario culto del cane presso i Longobardi, si tratta di un suggerimento da accettare senz’altro; anche se esso appare molto più riconducibile - ma forse si tratta di sue fasi successive - alla figura di una divinità maschile e guerriera piuttosto che alla dea Frea. Lo stesso Lamissione, come si è detto, più che come figlio della dea-cagna può essere inteso come discendente di Wotan” [in S.Gasparri, op.cit., pag.26-27].

Non dimentichiamo che l’etimologia più ricorrente - così come riportata da più di un’interpretazione - del nome “Winniler”, antico nome dei Longobardi, starebbe a significare “cani furiosi” o “cani vittoriosi” o - secondo alcuni - “cani urlanti”. 

   Il cane è senz’altro inscrivibile tra gli animali odinici: i cani di re Gerriödr non si scagliano contro Grimnir, poiché sanno che sotto le sue spoglie si cela Odin. Se il cane è un animale odinico la cagna, invece, accostata alla lussuria dai cristiani ed alla fecondità dai pagani è un animale associabile a Freyja.

 

4 - Conclusioni

   Queste reminiscenze sono senz’altro rimaste vive nella onomastica  e nella toponomastica dei discendenti di queste figure mitiche. 

   Otto Höfler, nel suo saggio su Cangrande di Verona [4], fa il punto sulle origini dell’onomastica longobarda  in questi termini: ”Se la schiatta scaligera, con i suoi uomini CANI e ALBOINI, dovesse davvero trarre il proprio nome da questa ‘scala’ di Alboino, il fatto sarebbe una sorprendente conferma della tesi secondo la quale questo luogo di sepoltura era consacrato in quanto ‘Handgemal’ era anche simbolo e contrassegno di costumi germanici. Non solo l’albero genealogico dei Signori DELLA SCALA ricondurrebbe allora al sangue longobardo, ma anche il loro orgoglio di stirpe a santuari longobardi, e il loro sistema di vita si collegherebbe a ordinamenti altogermanici”. Di fatto, la partigianeria degli Scaligeri per l’ideale imperiale germanico  favorisce l’accoglimento di questa tesi del germanista. Possiamo dunque concludere con le seguenti considerazioni:

1] il Cinocefalo longobardo non è altro che la trasposizione letteraria cristianizzata del mitico Ulfheðinn  scandinavo. Un guerriero la cui superiorità non proveniva dall’uso di droghe, ma piuttosto dalla costante comunicazione col mondo dei defunti.

2] E’ verosimile che in nuce al popolo longobardo vi fossero delle alterklassen con diversi animali totemici tra i quali il cane (il lupo) e che la particolare diffusione di quest’ultimo derivasse da un originario culto canino  inserito nella fede Vanica [Vanatru] delle origini.

3] Tracce di un culto dei morti associate al culto del cane (animale odinico) sono riscontrabili sin oltre il Medioevo nella onomastica scaligera.

   I migliori tra i discendenti dei colonizzatori della nostra Terra, dovrebbero fare in modo di vivere in branco, per sfruttare i vantaggi di questa esperienza e per imparare un po’ di disciplina.

 

H.G.

 

NOTE:

1 In “Il mito del Superuomo ed i suoi simboli nelle letterature moderne”, La Nuova Italia, Firenze 1971.

2 Da “Archivio per l’Alto Adige” - Rivista di studi alpini , annata XC- 1996, Firenze, Istituto di Studi per l’Alto Adige, 1996, pag141 .

3 in “Saga di Egill il monco” , Ed.Iperborea , Milano, 1995 . Pag. 51

4 “Cangrande di Verona ed il simbolo del cane presso il Longobardi”, trad.italiana a cura di Roberto Pasini, Verona, Cooperativa Editrice Nuova Grafica  Cierre 1988, p.44 e  nota 140 p.62